La Riserva Naturale Orientata del Monte Altesina è stata ufficialmente istituita tramite il Decreto Assessoriale del 25 Luglio 1997 e si estende sul territorio dei comuni di Leonforte e Nicosia. Con una superficie complessiva di 744 ettari, è divisa in due zone, denominata Zona A (594,25 ettari) e Zona B (150,75 ettari), ciascuna con specifiche regole e restrizioni mirate alla tutela delle specie vegetali e animali presenti.
Il punto più elevato della riserva è rappresentato dal monte Altesina, che raggiunge un'altitudine di 1193 metri sul livello del mare. Questo rilievo costituisce l'estremità settentrionale dei monti Erei e si trova in stretto contatto con la dorsale dei Monti Nebrodi.
Dalla sua sommità si gode di un panorama a 360 gradi sull'intera isola, con la possibilità di ammirare le principali vette delle Madonie, dell'Etna, del Monte la Guardia e delle cime più rilevanti della parte centrale e meridionale della Sicilia. La Riserva è caratterizzata dalla presenza di una fitta lecceta che si estende fino alla cima, conferendo al paesaggio un aspetto selvaggio e suggestivo. Allecciatura si unisce la presenza della quercia virgiliana e nel sottobosco si possono trovare il pungitopo, il ciclamino, il cisto e altre specie vegetali.
Per quanto riguarda la fauna, la riserva ospita una varietà di specie, tra cui il picchio rosso maggiore, alcuni rapaci come la poiana e lo sparviero, nonché la volpe e il gatto selvatico.
Oltre alla sua importanza dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, la Riserva Naturale Orientata del Monte Altesina riveste anche un significativo interesse archeologico, come testimoniato dalla presenza di vani scavati nella roccia quarzarenitica, nonché da muretti e pavimentazioni, che occupano la parte più elevata del monte.
Il Monte Altesina è stato certamente utilizzato dall'uomo fin dall'età del bronzo e del ferro, come dimostrato dai ritrovamenti di ceramica sicula e greca che testimoniano il passaggio di popolazioni diverse. Nei dintorni sono ancora visibili le rovine di insediamenti risalenti al I millennio a.C.
La Riserva Naturale Orientata del Monte Altesina è stata istituita con l'obiettivo di preservare un vasto tratto di lecceta mista che si estende fino al suo limite altimetrico superiore. All'interno della riserva, il manto arboreo comprende una densa e estesa foresta di querce sempreverdi, dominata dal leccio in compagnia di sughere e roverelle.
Questo ambiente rappresenta un residuo delle foreste che un tempo ricoprivano gran parte della Sicilia e che oggi sono presenti solo in poche aree dell'isola. All'interno di questa rigogliosa vegetazione, sono state create diverse aree attrezzate per il riposo e il ristoro dei visitatori. Questi spazi sono dotati di panche, tavoli, zone per cucinare all'aperto, punti d'acqua e servizi igienici, concepiti per consentire una fruizione sostenibile e rispettosa dell'ambiente circostante.
Il Monte Altesina, conosciuto anticamente come Mons Aereus (monte aereo), deve probabilmente il suo nome alla sua forma slanciata che emerge dal fondovalle in modo evidente e riconoscibile da gran parte della Sicilia centrale.
Nonostante non raggiunga un'altitudine di milleduecento metri sul livello del mare, è stato utilizzato come punto di riferimento per l'altezza, grazie alla sua forma facilmente individuabile e alla posizione centrale. Gli Arabi lo scelsero come principale punto trigonometrico in Sicilia, da cui partivano le tre valli: a nord/est il Vallis Nemoris (la regione dei boschi o il Val Demoni), a ovest il Vallis Mazariensis (il val di Mazzara), e a sud/est il Vallis Netinus (il val di Noto). Queste divisioni amministrative rimasero in vigore fino alla fine del feudalesimo nel XIX secolo.
Nella parte centrale della riserva, sopra l'area attrezzata a circa 940 m s.l.m., si erge la chiesa di Sant’Erasmo, oggi Santa Maria dell’Altesina, e l'eremo conosciuto come “Cummintazo”, entrambi con probabile origine tardo-bizantina. Nonostante le successive modifiche, è possibile individuare tracce dello stile originale nel portale e nelle finestre ancora presenti, oltre a frammenti di pittura murale conservati parzialmente nella chiesa. Nel 1500 la chiesa fu elevata a parrocchia da Mons. Rettana, Arcivescovo di Messina. Qui si venerava la Vergine miracolosa, comunemente chiamata dell’artisina, e durante il mese di maggio le persone e il clero di Calascibetta vi si recavano devotamente per pregare.
Oggi, dei resti del convento detto Cummintazzo, fondato sotto la direzione di Innocenzo IV nel 1247, rimangono solo le rovine di una cascina utilizzata come rifugio dai frati. La comunità monastica sopravviveva grazie alle risorse del bosco e alla questua effettuata nelle masserie e nei borghi circostanti.
Sulla sommità del Monte Altesina, fin dall'età del bronzo, si stabilirono comunità indigene dedite alla pastorizia e protette dalla conformazione scoscesa dei versanti.
In questo scenario di guglie rocciose erose dall'azione degli elementi naturali e plasmate dall'intervento umano, le indagini archeologiche hanno rivelato le tracce di un insediamento utilizzato in varie fasi fino al periodo medievale.
Tra i resti emergono abitazioni, cisterne e ampie grotte scavate, presumibilmente adibite a scopi cerimoniali. Più in basso, lungo i pendii del monte immersi nella fitta foresta di querce, si trovano numerose tombe a grotticella artificiale scavate nella roccia quarzarenitica. Queste sepolture includono tombe a forno, realizzate direttamente nel substrato roccioso, alcune isolate e altre raggruppate, forse associate ad aree di culto, situate su piccole aree pianeggianti.
Anche il vasto pianoro che si estende sulla cima del monte sembra essere stato utilizzato come necropoli in epoca protostorica, come testimonia una grande tomba a camera scavata nella roccia, successivamente adattata dai pastori come rifugio.
Le prime ricerche archeologiche condotte sulla cima del Monte Altesina risalgono al 1951, quando Vincenzo Coletta, su indicazione dell'allora soprintendente alle Antichità per la Sicilia Orientale L. Bernabò Breia, esplorò parzialmente una profonda cisterna a campana scavata nella roccia e un complesso edilizio composto da più ambienti, identificato come possibile struttura difensiva, dove venne anche individuata una scala scolpita nella roccia.
Gli scavi condotti tra il 1986 e il 1992 lungo il pendio nord-ovest hanno portato alla luce porzioni dell'insediamento, datato dagli archeologi all'età greca arcaica.
Le più recenti indagini archeologiche, condotte nel 2007, hanno coinvolto due piccoli scavi nell'area più elevata del rilievo, dove è situato un vano rettangolare diviso in due parti da un tramezzo, interamente scavato nella roccia calcarenitica.